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Redemption

Inizio
  • 1996
Fine
  • 2016

The long sequence of images moves forward like a film. This is how Campos approaches the subject of that entropy and uncertainty which affect the real conditions of life in today’s world. His work is characterized by a desire for that redemption and liberation which, in various forms, in different religions and cultures, pushes mankind to search for spirituality. As if in a film or a novel, through his lens upon the city, on townscapes and during his walks on the wild side, Campos narrates life itself, as it becomes impulsive, endemic, through faces and bodies which are off-center, here posed, here caught off-guard, with tribal appearance and religious ceremonies, idols and saints, here and there in the most fantastic places. In Campos’s images we encounter slices of life which, over and above cultural and religious differences, lead the eye to that contrast between black and white in which the artist himself finds “redemption” for the human condition. Campos says, “I have especially worked on the antithesis between light and shade and have let myself be inspired by the light”. In the Gospel “the life was the light of men; and the light shineth in darkness; and the darkness comprehended it not”
(John, 1, 4-5).

MARIO FRANCO

La lunga sequenza di immagini che si articola come un film, con la quale Salvino Campos affronta i temi dell’entropia e dell’incertezza che contrassegnano nel mondo le attuali condizioni di vita, ė caratterizzata dalla volontà di redenzione e di riscatto che, in varie forme, in religioni e latitudini diverse, spingono gli uomini alla ricerca della spiritualità. E come in un film o in un romanzo, Campos ci racconta, attraverso città,    paesaggi urbani, e sentieri selvaggi, la vita nel suo divenire impulsivo ed endemico, volti e corpi decentrati, in posa o catturati di sorpresa, acconciature tribali e feste religiose, idoli e santi, ovunque e in luoghi disparati. Nelle immagini di Campos s’incontrano brani di vita che al di là delle diverse “identità” culturali e religiose riconducono lo sguardo ai contrasti tra il bianco e il nero con cui l’artista individua la “redenzione” della condizione umana. “Ho lavorato soprattutto sull’antitesi luce, ombra – dice Campos – mi sono lasciato ispirare dalla luce”. Nei Vangeli “la vita è la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”
(Vangelo secondo Giovanni  1, 1-14).

 

MARIO FRANCO

Cimitero Delle Fontanelle
Napoli - Campania - Italia 2008
Birkenau
Aushwitz - Poland 2007

The way we Neapolitans look at the photographs of Salvino Campos is rather special. Naples shares a common world with Brazil, which is painful but full of vitality at one and the same time – all oxymorons and contradictions: musicality and violence, sensuality and poverty, culture and degradation, beauty and destruction of the landscape. Wherever in the world these photographs have been taken, they are a mirror held up for us, or rather, they are like a magnifying glass through which we observe something that is geographically very far away from us but which, on the human level, is so close. In every photograph, the eye of Campos is that of a Brazilian. As we look at them this world we share reveals itself immediately, and it widens our horizons, opens us up as we become less introspective and makes us feel we are breathing together on this Earth. It suggests to us that Europe may not be finished if only it can imagine itself amongst others, if it stops erecting walls, if it does not close its borders. Certainly Naples is capable of doing this. The fact that this city has become a point of reference for a photographer like Campos is a joy for us; we feel that there is something fraternal in the way he sees us; his lens might almost belong to one of those great geniuses of Neapolitan photographers, if we didn’t grasp that inexpressible saudade which envelopes the heart of every Brazilian. The youngsters, male and female, who Campos photographs are especially striking: while he makes no concessions to their social condition, which is generally self-evidently harsh, the photographer captures their vitality and he projects them into our imagination, into a future realm which is yet to be discovered but which is full of possibilities, if only we work to create them. Thus, photography shows how it is able to stimulate, to work as a lever upon the way we see things so that seeing may turn into action.

MARIO MARTONE

Kalia Beach
Dead Sea - Israel 2014
Little Venice
Mykonos - Greece 2014

È speciale lo sguardo di noi napoletani sulle fotografie di Salvino Campos. Esiste infatti un mondo comune che Napoli ha col Brasile, dolente e vitale allo stesso tempo, tutta ossimori e contraddizioni: musicalità e violenza, sensualità e povertà, cultura e degrado, bellezza e scempio paesaggistico. Queste fotografie, dovunque al mondo siano state scattate, sono dunque come uno specchio per noi, o meglio come una lente attraverso cui osserviamo qualcosa che ci è molto lontano geograficamente ma molto vicino umanamente. Lo sguardo di Campos è infatti in ogni fotografia quello di un brasiliano. Guardandole il nostro mondo comune si manifesta immediatamente, e questo allarga i nostri orizzonti, ci rende meno chiusi e autoreferenziali, ci fa sentire che respiriamo insieme sulla terra. Ci indica che l’Europa può non esser finita se sa guardarsi in mezzo agli altri, se non alza muri, se non chiude frontiere.

Napoli di sicuro lo può fare. Che questa città sia diventata per un fotografo come Campos una città di riferimento è una gioia, sentiamo qualcosa di fraterno nel suo sguardo, il suo obiettivo sembrerebbe quasi appartenere a quelli della grande genia dei fotografi napoletani se non ne cogliessimo anche la saudade inesprimibile che avvolge ogni cuore brasiliano. Mi colpiscono in particolare i ragazzi e le ragazze fotografati da Campos: senza far sconti alla loro condizione sociale, il più delle volte evidentemente dura, il fotografo ne coglie lo slancio vitale e li proietta nella nostra immaginazione in un futuro tutto
da scoprire ma ancora possibile, se solo ci si adopera per crearlo. E in questo modo la fotografia non viene meno alla sua capacità di stimolo, di leva dello sguardo perché si tramuti in azione.

MARIO MARTONE